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Sport è integrazione: Daisy ti vogliamo presto in pedana

L'Uisp è vicina a Daisy Osakue e a tutti coloro che sono colpiti dal clima di razzismo e di odio che sta affiorando nel nostro paese

 

Sport è integrazione, l’Uisp ce l’ha scritto sulla sua bandiera. Quello “sportpertutti” significa nessuno escluso e se qualcuno sceglie lo sfregio si pone al di fuori dei valori di rispetto, dignità, comunità. “In bocca al lupo campionessa: #Daisy Osakue ti vogliamo presto in pedana - i tuoi aggressori invece li vorremmo vedere puniti dalla giustizia, come tutti gli altri che tra giugno e luglio sono stati campioni di #violenza e #razzismo”: dal primo momento l’Uisp è stata vicina a Daisy e a tutti coloro che sono più colpiti dal clima di razzismo e di odio che sta affiorando nel nostro paese. Senza se e senza ma.

“Hanno fatto del male a un mio compagno di squadra - scrive Uisp Piemonte in un comunicato - ad un’atleta dell’altra squadra, ad un’atleta di un’altra nazione, non importa di dove, avete colpito tutti noi, perchè lo sport è contro la violenza e il razzismo, ed è per il rispetto di tutti, indistintamente. Siamo vicini a Daisy Osakue, che ha iniziato a praticare sport in una delle società della nostra città. Tante sono le affiliate Uisp che ogni giorno lavorano su progetti di sport per i diritti, l’inclusione, la solidarietà, contro ogni forma di violenza.

Ai suoi aggressori dedichiamo questa storia. James Owens, detto Jesse, era quell’americano nero, che volava come avesse le ali, aveva 23 anni. Luz (Ludwig) Long, tedesco, occhi azzurri, biondo con il ciuffo a onda, la pelle bianca. Era l’orgoglio di Hitler, uno dei motivi di orgoglio, ma solo fino a quel giorno. Dopo no, perchè quell’atleta aveva un difetto imperdonabile: era vaccinato contro il razzismo. Proprio in quelle Olimpiadi del ‘36 nella Berlino nazista che avrebbe dovuto celebrare la superiorità della razza bianca e sotto gli occhi furenti del Fuhrer, il bianco e il nero, parlavano tra loro da amici. E poi il podio, in cima al primo posto il nero che aveva fatto un salto in lungo come nessuno era mai riuscito a fare prima. E dietro di lui al secondo posto quel tedesco con il braccio teso, ma teso poco e senza convinzione. Le ambizioni di Hitler furono umiliate da quel nero e dal quel bianco, perchè dimostrarono di non saper essere nemici, nonostante le differenze che li dividevano. E rimasero amici tutta la vita. E fu quell’amicizia a dimostrare come il regime fosse fragile e quanto lo sport sa essere libero e forte”.